Disturbo dissociativo dell’identità
Il disturbo dissociativo dell’identità si caratterizza per la
presenza di due o più identità o stati di personalità distinti (ciascuno con i
suoi modi di percepire, relazionarsi, e pensare nei confronti di se stesso e
dell’ambiente). Almeno due di queste identità o stati di personalità assumono
in modo ricorrente il controllo del comportamento della persona e ognuna di
esse, quando presente, non ha assolutamente coscienza dell’altra.
Sintomo caratterizzante il disturbo dissociativo dell’identità è
l’amnesia dissociativa,
che si riferisce all’incapacità di ricordare importanti informazioni personali,
e/o eventi traumatici, non riconducibile per estensione ad una banale tendenza
alla dimenticanza.
I sintomi causano disagio clinicamente significativo o
compromissione dell’area sociale, lavorativa, o di altri settori importanti del
funzionamento e possono essere rilevati dall’individuo stesso o osservati da
altre persone (APA, 2013).
L’alterazione non è dovuta agli effetti fisiologici diretti di una
sostanza (per es. black-out o comportamenti caotici in corso di intossicazione
alcoolica) o ad una condizione medica generale (per es. epilessia).
Il trattamento raccomandato per la cura dei Disturbi Dissociativi
è la psicoterapia,
con lo scopo principale di ricondurre il paziente verso un migliore
funzionamento integrato. Il terapeuta promuove l’idea che tutte le identità
alternative rappresentino tentativi di adattamento per far fronte o
padroneggiare le difficoltà incontrate dal paziente, e agisce aiutando le
identità a conoscersi l’una con l’altra, accettandosi come parti legittime del
sé e negoziando per risolvere i loro conflitti.
Oltre alla psicoterapia individuale, i pazienti possono
beneficiare d’interventi specifici come la terapia dialettico-comportamentale DBT (Linehan,
1993a, 1993b), la
desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari (EMDR;
Shapiro, 2001), la
psicoterapia sensomotoria (Ogden et al., 2006), le terapie di gruppo.