Disturbo di derealizzazione/depersonalizzazione
Le caratteristiche essenziali del disturbo
depersonalizzazione/derealizzazione sono persistenti o ricorrenti episodi di
depersonalizzazione, derealizzazione, o entrambi.
Il disturbo da Depersonalizzazione è
definito come un’esperienza persistente o ricorrente di sentirsi distaccato o
di sentirsi un osservatore esterno dei propri processi mentali o del proprio
corpo (sentirsi come in un sogno). L’individuo può sentirsi distaccato da tutto
il suo essere (“io sono
nessuno”, “io
non ho sé”); o può sentirsi staccato da aspetti di sé (ad esempio
dai sentimenti “so di
avere sentimenti, ma io non li sento”; dai pensieri “i miei pensieri non li sento come miei”;
dal corpo o da parti di esso); o da sensazioni come il tatto, la fame, la sete,
la libido. Può essere presente anche un ridotto senso di agency vissuta come
una sensazione di robotica, come un automa privo di controllo dei propri
movimenti. Il soggetto ha la sensazione di non essere nel pieno controllo delle
proprie azioni, anche per quel che riguarda il parlare, e spesso l’esperienza
di depersonalizzazione è accompagnata da considerevole ansia secondaria con il
timore che queste esperienze possano significare che sono “matti” per cui hanno
spesso difficoltà nel descrivere i sintomi.
Insieme alla depersonalizzazione può manifestarsi anche la Derealizzazione, ossia la sensazione che il mondo esterno sia strano o irreale. Il soggetto può percepire una alterazione strana e perturbante della misura o della forma degli oggetti, e le persone possono apparire non familiari o meccanizzate così da perdere il senso della realtà del mondo esterno. Può succedere di avere la sensazione che l’ambiente circostante sembri irreale: che il posto di lavoro non sia familiare o che gli amici o i parenti sembrino estranei. La Derealizzazione è spesso accompagnata da distorsioni visive soggettive come la sfocatura o il campo visivo ristretto o alterazione della distanza o delle dimensioni di oggetti (ad esempio macropsia o micropsia).
Vi è una chiara associazione tra il disturbo di
depersonalizzazione/derealizzazione e la presenza di traumi nell’infanzia,
anche se non è così preminente come in altri disturbi dissociativi, come il
disturbo dissociativo dell’identità. In particolare sono stati più
frequentemente associati l’eccesso emozionale e la trascuratezza emotiva.
Altri fattori di stress possono includere: l’abuso fisico;
l’essere stati testimoni di violenza domestica; essere cresciuti con un
genitori affetto da malattia psichica; o la morte improvvisa o il suicidio di
un familiare. I fattori più prossimi al manifestarsi del disturbo sono: grave
stress (interpersonale, finanziario, occupazionale); depressione e ansia (in
particolare attacchi di panico); uso di droghe illecite (allucinogeni,
ketamine, MDMA).
Il trattamento raccomandato per la cura dei Disturbi Dissociativi
è la psicoterapia,
con lo scopo principale di ricondurre il paziente verso un migliore
funzionamento integrato. Il terapeuta promuove l’idea che tutte le identità
alternative rappresentino tentativi di adattamento per far fronte o
padroneggiare le difficoltà incontrate dal paziente, e agisce aiutando le
identità a conoscersi l’una con l’altra, accettandosi come parti legittime del
sé e negoziando per risolvere i loro conflitti.
Oltre alla psicoterapia individuale, i pazienti possono
beneficiare d’interventi specifici come la terapia dialettico-comportamentale DBT (Linehan,
1993a, 1993b), la
desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari (EMDR;
Shapiro, 2001), la
psicoterapia sensomotoria (Ogden et al., 2006), le terapie di gruppo.